Tra Germania e Italia

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Redazione Babel

Redazione Babel

17 aprile 2025

/ di Beatrice Zanni e Beatrice Morzenti

Intervista al Sig. Alessandro Gigli

Trasferirsi in un nuovo paese è sempre un’esperienza ricca di sfide e opportunità, soprattutto quando si tratta di ambientarsi in una cultura diversa dalla propria.

Alessandro Gigli, dopo aver lavorato per anni nella filiale italiana della BASF, una delle più importanti aziende chimiche al mondo, ha avuto l’opportunità di trasferirsi in Germania per assumere un ruolo dirigenziale. Nel settembre del 1983, insieme alla moglie Giovanna e alle loro due figlie, ha lasciato l’Italia per iniziare una nuova vita a Ludwigshafen am Rhein, sede principale della multinazionale tedesca. In questa intervista, ci racconta il suo percorso di integrazione, le sfide incontrate e le abitudini che ha portato con sé una volta rientrato in Italia.

1. Qual è stato il motivo della sua partenza?

Dopo il diploma, ho iniziato a lavorare come dipendente nel settore tessile della filiale italiana della BASF. Essendo un’azienda tedesca con sede centrale a Ludwigshafen, quando anni dopo sono stato promosso a dirigente, ho chiesto io stesso di essere trasferito in Germania per assumere questo nuovo ruolo. Volevo vivere l’azienda nel modo più completo ed efficace possibile e la scelta di trasferirmi mi è sembrata ideale. Così, nel settembre del 1983, mi sono trasferito con mia moglie Giovanna e le nostre due figlie, Valentina e Alessandra, che all’epoca avevano sei e nove anni.

2. Quali sono state le prime difficoltà che ha incontrato interfacciandosi con la nuova cultura?

Non parlerei di vere e proprie difficoltà, preferisco definirle opportunità. Certamente la barriera linguistica è stata una delle prime sfide da affrontare: quando siamo arrivati, nessuno di noi aveva mai studiato il tedesco, che è per altro una lingua abbastanza difficile.

3. Come avete, quindi, imparato la lingua?

Abbiamo seguito corsi specifici per apprendere il tedesco. Le mie figlie sono state iscritte a una scuola tedesca del quartiere e, durante le ore di lezione, venivano affiancate da un insegnante di sostegno per imparare la lingua. Io e mia moglie, invece, abbiamo seguito lezioni private offerte dalla mia azienda. Nonostante il tedesco sia una lingua complessa e molto diversa dall’italiano, vivere immersi in questa realtà ci ha permesso di apprenderlo rapidamente: in soli quattro mesi riuscivamo a parlarlo con scioltezza. Mi sono reso conto di averlo veramente assimilato il giorno in cui ho capito perfettamente un collega che parlava esclusivamente per metafore e giochi di parole!

4. Quali sono state le principali differenze culturali che ha riscontrato nel rapporto con i tedeschi?

I tedeschi sono un popolo molto diverso da noi italiani. Come spesso si dice, sono estremamente precisi e poco flessibili, con un’organizzazione rigorosa in ogni ambito della vita quotidiana. Ricordo che una volta io e mia moglie siamo stati invitati a prendere un caffè da un amico… con sei mesi di anticipo! Un altro episodio emblematico riguarda il mio primo giorno di lavoro: prima di iniziare, ho dovuto compilare un questionario con più di mille domande, tra cui una che mi chiedeva cosa avessi fatto in un determinato giorno del 1970. Tuttavia, oltre a questa rigidità, ho scoperto anche molti aspetti positivi del loro carattere: sono persone leali, colte, cortesi e molto affidabili. Non a caso, alcune delle amicizie che ho stretto in Germania durano ancora oggi, nonostante la distanza.

5. Ci sono delle abitudini che ha appreso dalla nuova cultura e che ha mantenuto anche dopo il rientro in Italia?

Assolutamente sì: la puntualità! In Germania, il rispetto degli orari è un valore fondamentale, tanto che arrivare in ritardo è considerato una grave mancanza di educazione. Questa precisione si riflette in ogni aspetto della vita quotidiana, dai trasporti pubblici agli appuntamenti personali. È un’abitudine che ho fatto mia e che ancora oggi rispetto con grande attenzione.

6. Se dovesse descrivere questa esperienza con una sola parola, quale sceglierebbe? Perché?

Meravigliosa, senza alcun dubbio. È stata un’esperienza che io e la mia famiglia portiamo ancora oggi nel cuore.

7. Quale consiglio darebbe a chi vuole intraprendere un’esperienza simile?

Il mio consiglio è di abbracciare pienamente la cultura del paese in cui ci si trasferisce. Per vivere bene all’estero, è fondamentale adattarsi allo stile di vita locale, assimilando le tradizioni, il modo di pensare, di lavorare, di parlare, di mangiare… All’inizio, ad esempio, avevamo iscritto le nostre figlie in una scuola italiana, ma dopo solo una settimana ci siamo resi conto che la qualità dell’istruzione e l’organizzazione non erano all’altezza. Così, abbiamo deciso di trasferirle in una scuola tedesca, dove si sono ambientate subito e hanno imparato la lingua molto rapidamente. Inoltre, sapere una lingua straniera dà sempre una marcia in più! Lo stesso discorso vale per la cucina: trovare buon cibo italiano in Germania non era semplice, ma una volta che abbiamo iniziato ad assaggiare i piatti tipici, abbiamo imparato ad apprezzarli e anche i momenti del pasto sono diventati solo un piacere. In definitiva, affrontare un trasferimento con apertura mentale e curiosità lo trasforma in una straordinaria opportunità di crescita. Viel Glück! (buona fortuna in tedesco)


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